E’ il 14 maggio del 2014 e il regista svedese Malik Bendjelloul viene trovato morto suicida a Solna, vicino a stoccolma. L’evento lascia increduli tutti. Il mondo del cinema è profondamente sotto shock: circa due anni prima Malik era stato premiato con un Oscar per il suo documentario Searching for Sugar Man. Per quale motivo avrebbe dovuto compiere un simile gesto, nonostante la rapida ascesa al successo?
La pellicola premiata, che in breve tempo è diventata un cult, ha avuto il grande merito di portare alla ribalta Sixto Rodriguez, un cantautore statunitense che raccontava le storie dei reietti, dei drogati e dei falliti della Detroit degli anni 70.
Proprio in quegli anni, nonostante il suo talento e i suoi sforzi Rodriguez era presto finito nel dimenticatoio, lui stesso incarnava le sue storie. Si diceva si fosse suicidato durante uno dei suoi concerti, a seguito della lenta discesa nell’oblio.
Le voci su Rodriguez erano solo leggende metropolitane. Il cantautore aveva provato per breve tempo a cavalcare la tenue onda del successo con degli sporadici tour in Australia e in nuova Zelanda, per lavorare infine come operaio in un cantiere.
Intanto, nel Sudafrica dell’apartheid Rodriguez era diventato un’icona. In molti lo consideravano (e continuano a considerarlo) più importante di Elvis Presley. Le sue storie di emarginazione della Detroit degli anni 70 risuonavano con gli stati d’animo degli oppressi e degli esclusi.
Rodriguez era però completamente all’oscuro della sua fama. Ne era venuto a conoscenza grazie al documentario e solo in seguito era riuscito a coronare il suo sogno e a cantare le sue canzoni in giro per il mondo. Da quel momento aveva comunque continuato a condurre uno stile di vita morigerato, era rimasto nella stessa casa e addirittura, quando ospitato negli hotel, si rifiutava di dormire sul letto king size per non arrecare disturbo alle cameriere. Riteneva un’ingiustizia il fatto che una cameriera dovesse fargli il letto.
Dall’altra parte della storia, a seguito della vittoria dell’oscar Malik Bendjellou era stato subissato di richieste di adattamenti di script che non gli interessavano. Le major volevano mettere le mani sul suo lavoro a tutti i costi, ma lui non era riuscito a gestire questa pressione e la necessità di rifiutare gran parte dei lavori che gli venivano offerti. Fino ad allora aveva lavorato solo e soltanto alle sue idee e voleva continuare su questa linea.
Ironia della sorte: dei due, l’uomo cui era stato subito riconosciuto il talento, si era tolto la vita. Rodriguez, anche dopo il successo, era sopravvissuto tenendosi legato alle sue radici, a uno stile di vita modesto tipico della classe lavoratrice. Di sicuro non come una star.
Ad oggi la storia del suicidio del regista rimane avvolta nel mistero, ma se ci pensiamo un attimo Rodriguez e Bendjelloul raccontano la storia di due generazioni diverse. Il primo viene descritto prima come uomo e poi come cantante, il secondo prima come artista di successo e poco come uomo, anche nelle le parole che hanno seguito la sua morte. I suoi necrologi non ci ricordano la perdita umana, ma il lutto artistico.
Il cantante non era un bambino prodigio, o forse lo era, ma non era questo che lo rendeva interessante. Il regista, invece, era entrato a far parte dello Show Business fin da piccolo per le sue doti e i suoi talenti. Sia chiaro, doti e talenti c’erano, ma quello che mancava era tutta una parte della sua personalità che avrebbe potuto rimanere modesta e mediocre.
Il suicidio del regista racconta la storia della nostra generazione, quella dei Millenials. Siamo stati cresciuti come esseri umani speciali e abbiamo imparato che essere speciali è uno dei pochi modi (se non l’unico) attraverso cui possiamo entrare in contatto con gli altri. I nostri sentimenti sono preceduti dai nostri curriculum, dai nostri lavori bizzarri e dalle nostre velleità. Tristemente, è sempre più difficile parlare delle nostre difficoltà. Quando usciamo di casa, raccontare la disoccupazione diventa un’onta, non una disgrazia che può colpire chiunque in un periodo complicato. Le nostre vulnerabilità e i nostri fallimenti sono qualcosa da tenere nascosto.
Un’esistenza che ha queste condizioni è tragicamente precaria. Le nostre vite sono estremamente fragili. Se possiamo connetterci con gli altri esseri umani solo con le nostre specialità, siamo capaci di mostrare solo una piccolissima parte della nostra identità. Se queste sono le regole del nostro affetto, intraprendere una strada che confermi le doti per cui siamo stati amati è un cammino irto di difficoltà. Rifiutiamo molti lavori perché abbiamo paura che non rispecchino le nostre potenzialità ed abbiamo il più alto numero di neet* dal dopoguerra.
Se il lavoro non lo troviamo, siamo condannati alla depressione in partenza. Se ci capita qualcosa di buono, un fallimento può mettere a repentaglio la nostra identità. Se infine otteniamo il successo e abbiamo la conferma di quanto siamo speciali, ci coglie la sindrome dell’impostore: tutto diventa ancora più fragile. E se avessimo ingannato tutti? Se il successo, effimero com’è, scivolasse via? Se siamo amati solo quando siamo speciali, è proprio quando diventiamo speciali che la paura dell’oblio può gettarci sotto le rotaie.
Ora, forse questa storia non ha per nulla a che fare con il suicidio di Bendjelloul. Oppure, è per questo che Bendjelloul è morto e Rodriguez è rimasto in vita. Forse è per questo motivo che Bendjelloul era considerato un bambino prodigio e Rodriguez il rappresentante dei falliti e degli esclusi, e ha continuato a vivere come tale anche dopo la fama. Forse Bendjelloul voleva gridare a tutti che anche il fallimento e l’anonimato sono affascinanti, possono trovare affetto e toccare le corde più profonde della nostra anima, proprio come le canzoni di Rodriguez erano state amate dagli emarginati dell’apartheid. Forse voleva raccontare una parte della sua anima condannata all’esclusione.
Forse, se ci si concede il diritto di non essere speciali, neanche il più grande dei successi può farci fuori.
Per citare Rodriguez
And you claim you got something going
Something you call unique
But I’ve seen your self-pity showing
And the tears rolled down your cheeks.*Dall’inglese Not engaged in education, employement or training. Si tratta giovani che non frequentano corsi, università, sono disoccupati e non cercano lavoro.