A volte nella vita capita di finire in una relazione abusiva, di non riuscire ad uscirne o di cercare di aiutare questo o quel parente o amico che ci è finito e sembra esserne intrappolato, anche se non esistono sbarre che ostacolino la propria libertà. A volte capita di finirci così tante volte che ci si chiede come mai. Si tratta di masochismo? Perché se si soffre è difficile andar via?
Uno dei primi e più frequenti problemi che si trovò ad affrontare Sigmund Freud nella clinica fu proprio questo, un fenomeno che lui chiamò “coazione a ripetere”, quella tendenza recidività per cui alcuni dei suoi pazienti, più e più volte, finivano a ritrovarsi in situazioni dolorose che sembravano aver cercato loro stessi. Queste situazioni, molto di frequente, assomigliavano a dolori che i pazienti avevano già affrontato nell’infanzia. Questo fenomeno clinico, che Freud considerò a tutti gli effetti una resistenza alla cura psicoanalitica, era però completamente in antitesi con la sua teoria che vedeva l’uomo come costituito da alcuni impulsi più primitivi volti alla ricerca del piacere, il cosiddetto “principio di piacere” in contrasto con i dettami imposti dalla società.
Perché, se l’uomo ricerca il piacere, finisce per mettersi nei guai?
Freud provò a rispondere in questo modo, cercando di adattare la sua scoperta clinica alla sua teoria, e inventò il principio di adesività della libido. I nostri impulsi che cercano il piacere si “attaccano” in qualche modo a ciò che conoscono nell’infanzia, anche se si tratta di situazioni che in apparenza causano sofferenza.
Questa concezione è stata completamente ribaltata dalla psicoanalisi contemporanea, dalla ricerca sull’attaccamento tra madre e bambino e dalla ricerca sul trauma. Se pensiamo agli esseri umani come a dei mammiferi che hanno bisogno degli altri per sopravvivere e per questo hanno bisogno di sicurezza e prevedibilità è più semplice dare un senso a questa apparente auto distruttività. Gli esseri umani, infatti, sono tra i pochi mammiferi ad aver bisogno dei genitori per un periodo prolungato di tempo prima di diventare relativamente autonomi e di garantire da soli la propria sopravvivenza. Per questo motivo i genitori sono fondamentali e considerati fonte di autorità assoluta: l’unica strategia vincente per l’adattamento all’ambiente consiste nello sviluppare e mantenere con loro una relazione affidabile.
Per mantenere una relazione con i propri genitori, i bambini sono disposti a tutto.
Dato che i genitori sono onnipotenti e saggi e il bambino non ha abbastanza esperienza dei rapporti tra esseri umani per valutare i comportamenti dei propri genitori, anche nel caso in cui questi lo abusino, lo maltrattino o lo ignorino. Anche in caso di conflitto, un bambino tenterà di attribuire la responsabilità a sé stesso e a considerarsi nel torto.
Questo fenomeno è stato dimostrato in una ricerca sui bambini adottati (Beres, 1958): tutti i bambini pensavano di essere stati scacciati dai loro veri genitori come meritata punizione per qualcosa di cattivo che avevano fatto. O ancora, un bambino con una madre depressa può sviluppare la convinzione di avere il potere di renderla felice e cercare con tutte le proprie forze di vitalizzarla.
Spesso, finiamo per accontentarci dell’amore che crediamo di meritare
Se guardiamo all’essere umano in questo modo diventa più chiaro che le relazioni d’amore non sono, molto spesso, questione di piacere, quanto lo specchio di come siamo capaci di voler bene a noi stessi. Una persona che non capita per caso in un rapporto in cui viene maltrattata, che ha difficoltà a tirarsi fuori e salvarsi, a volte rimane in quel rapporto perché si tratta di una ripetizione di una sofferenza passata. Se siamo stati picchiati da bambini e abbiamo pensato che quelle botte le meritavamo (e non di avere genitori violenti), difficilmente ci sentiremo vittime del nostro o della nostra partner. Forse penseremo che in qualche modo il partner ha ragione e continueremo a pensare di meritare quella sofferenza. Se avremo un partner che ci ignora e abbiamo sofferto di trascuratezza, potremo pensare che tutto sommato quell’angoscia è dovuta: invece di cercare un altro partner o uscirne cercheremo di capire cosa abbiamo fatto di male per vivere nel buio o ci sforzeremo a comprendere come risvegliare il partner dalla sua indifferenza. Quasi che ne fossimo noi la causa.
Per uscirne, è necessario entrare in contatto con il proprio dolore e capire che non è necessario, o non è meritato.
Uno degli obiettivi della terapia è quello di prendere in mano la propria sofferenza e provare a capire che tutto il dolore che proviamo non è normale e non è dovuto. Quando si diventa coscienti dei propri modi di entrare in relazione, in genere si può entrare in relazione con gli altri in nuovi modi e si può pensare di meritare un amore più rispettoso dei propri bisogni e degno di tale nome.