E’ una giornata come le altre e Anna è sul posto di lavoro. E’ seduta davanti alla scrivania, agitata mentre pensa al prossimo compito da portare a termine, quando le sue mani cominciano a formicolare e tremare incontrollabilmente.
La sensazione di formicolio e tremore si espande velocemente in tutto il corpo e il cuore comincia a battere sempre più forte, fino a che il rumore del battito non diventa assordante come quello di un tamburo. Proprio in quel momento inizia ad avvertire una sensazione di irrealtà, si sente avvolta da una bolla di panico che la separa dalla realtà esterna. Ha paura che questa sensazione possa non passare più. E’ immersa nell’ansia.
Anna alza la testa e vede la stanza piena di colleghi, cerca di nascondere il suo stato interiore. Dall’esterno sembra composta, ma pensa che da un momento all’altro potrebbe impazzire, o che potrebbe avere un infarto, perdere il controllo e svenire.
Catturata dalla paura che la paura stessa possa tornare, arrivata a casa cerca i suoi sintomi su internet e scopre che potrebbe non trattarsi di una patologia fisica, ma di un vero e proprio attacco di panico.
Anche se usiamo la parola “attacchi di panico” con una certa frequenza e questa etichetta diagnostica è diventata di uso corrente nella lingua italiana, ci sono molte cose che non sappiamo su questo fenomeno e che potrebbero aiutarci comprenderlo meglio:
1. Gli attacchi di panico sono molto comuni
Si stima che circa il 20-30% degli individui soffra, almeno una volta nella vita, di un attacco di panico. E’ un evento molto comune.
Se questo attacco di panico si ripete nel tempo può dar luogo al cosiddetto “disturbo di panico“, un disturbo d’ansia caratterizzato da attacchi di panico frequenti e invalidanti, non legati a una specifica situazione e non prevedibili.
Secondo il National Institute of Mental Health, l’istituto nazionale di salute mentale americano, circa tre individui su 100 incorrono in questa condizione.
2. Il disturbo di panico è caratterizzato da un circolo vizioso.
Una volta sperimentato il primo attacco di panico, il timore di incorrere in un nuovo attacco di panico può portare a focalizzarsi su determinati stati mentali (come la confusione) o segnali fisici (una tachicardia), interpretandoli come un’imminente e improvvisa catastrofe. La confusione si tramuta subito nella paura di impazzire, la tachicardia come il segnale di un infarto.
Queste sensazioni non sono necessariamente legate all’ansia, ma possono essere interpretate come tali. Ad esempio, la rabbia può portare a un aumento del battito cardiaco, così come la caffeina.
Tali segnali vengono però ricondotti direttamente a un attacco di panico e aumentano la probabilità di innescarlo. Questo fenomeno è noto come modello del circolo vizioso del panico di Clark (1986).
3. Non c’è una causa unica per gli attacchi di panico. Si tratta di un fenomeno umano legato ad un contesto.
Se ci fosse, sarebbero stati “eradicati” dal pianeta terra molto tempo fa, ma come ogni stato emotivo umano gli attacchi di panico (o il disturbo di panico) fanno parte di un contesto e sono legati alla nostra storia, alla nostra esperienza, e a come questa si manifesta nel presente.
Il fatto che eventi di vita diversi portino a uno stesso risultato ci può portare a pensare che esista una causa unica, come per le malattie fisiche (che, tuttavia, non sono neanche così semplici e “monofattoriali” come pensiamo). Se abbiamo la febbre sarà per colpa di un virus o di un batterio, se abbiamo un attacco di panico o un disturbo di panico, questi possono essere legati a moltissimi fattori.
Facciamo qualche esempio: la costante sensazione di non essere abbastanza performanti e in gamba o la sensazione di aver fallito possono portarci a impegnarci in tantissime attività, senza che queste riescano ad acquietare la sensazione che ci ha motivati a spingerci oltre il nostro limite.
Gli attacchi di panico potrebbero essere legati a una storia d’amore che ci rende infelice, ma da cui non riusciamo a “fuggire” o che non riusciamo a rendere costruttiva. Oppure, nella nostra vita, chi ci ha accuditi ha reagito ai nostri affetti “espansivi” con altrettanta ansia, e questo ci ha lasciati nell’impossibilità di regolare le nostre reazioni emotive.
E’ difficile legare un attacco di panico a un evento specifico, e fare una lista esaustiva è impossibile ed ha poca utilità.
4. L’attacco di panico è un segnale di “allarme” che ci indica che qualcosa non va, non uno stato da eliminare.
Per questi motivi, l’unica cosa sensata che possiamo dire sugli attacchi di panico è questa: la paura ci indica che qualcosa nella nostra storia è andato per il verso sbagliato, che non siamo sul percorso su cui vogliamo essere, o che abbiamo bisogno di qualche strumento in più per regolare i nostri stati emotivi interni.
La paura è un meccanismo di base che ci indica la necessità di una reazione. Si può reagire e affrontare la situazione soltanto quando abbiamo compreso come mai siamo ansiosi e perché, in modo da cambiare strada.
Quando non riusciamo a prendere in mano le redini del problema, cerchiamo di affrontarlo con alcuni strumenti che, molto spesso, risultano più dannosi del problema che li ha generati:
5. Evitare o silenziare il panico spesso rende tutto più difficile.
Quando invece che capire cosa ci sta succedendo cerchiamo di “anestetizzare” il panico, mossi dalla naturale necessità di far fuori uno stato d’animo insopportabile, spesso possiamo peggiorare (e molto) il problema.
Un esempio può essere “evitare di pensarci”. Il panico, spesso, è un allarme che suona così forte proprio per tutta una serie di cose cui evitiamo di pensare.
Un’altra soluzione è “silenziare” il problema esclusivamente con sostanze chimiche come alcol o ansiolitici. Questo rimedio equivale a spegnere l’allarme senza aver trovato i ladri in casa, lasciando l’abitazione incustodita. Trovare i ladri è cercare un significato, spegnere l’allarme (o abbassare il volume con l’aiuto di psicofarmaci) si può fare solo se una ricerca è in corso e solo se è strettamente necessario. Con l’aiuto di uno psicologo – psicoterapeuta si può trovare un senso e, di conseguenza, stare meglio.
L’obiettivo è comprendere perché ci troviamo in una data situazione.
6. Non esistono soluzioni semplici al problema, ma c’è un’ottima notizia.
Proprio per la complessità del problema, le soluzioni semplici e veloci possono essere rischiose e fare “il gioco” dell’ansia. Se ci pensiamo, la fretta fa parte del problema ed è la stessa ansia che, comprensibilmente, porta alla fretta.
Tuttavia, buona parte della letteratura scientifica mostra come, in genere, quando si inizia un trattamento psicoterapeutico l’ansia e il panico si attenuino molto o addirittura svaniscano già a partire dai primi incontri. Bisogna tenere a mente però, che per evitare recidive e di incorrere nuovamente nel problema, bisogna trattarlo bene, e non di fretta.
7. Prima agiamo, meglio è.
Procrastinare ed evitare porta molto spesso ad un aggravamento del problema. Nel corso del tempo i dati di ricerca hanno mostrato come la psicoterapia sia il rimedio più efficace per poter stare meglio e che funziona nella stragrande maggioranza dei casi. Con uno psicologo puoi affrontare il problema in un ambiente sicuro, capirlo e cambiare strada.
Con l’aiuto dello psicologo si può stare meglio.
Hai mai sofferto di un attacco di panico? Ne sei uscito? Racconta la tua storia nei commenti.
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Ne ho sofferto e come….. faccio uso di psicofarmaci da due anni e nonostante ciò quando ormai sembrava ne fossi uscita, sto riavendo una recidiva. E sempre quando va tutto bene nella mia vita. Mi succede sempre dopo aver affrontato un periodo difficile, mai durante…e ti chiedi: perché? Se va tutto bcne..ma il nostro corpo reagisce in ritardo
Cara Arianna, hai fatto anche una psicoterapia?